T R Ê S P O E M A S
Hoje, cinco de março de 2022, o genial Pier Paolo Pasolini talvez estivesse completando 100 anos..., não fosse a interrupção ultrajante, o cancelamento bárbaro da sua vida em dois de novembro de 1975. Se vivo, certamente estaria polemizando social e politicamente ainda mais, diante da situação caótica do mundo..., com ditadores, autocratas, tiranos, déspotas espalhando-se feito erva daninha na florada e lançando sementes tóxicas que brotam até no asfalto das ideologias estapafúrdias. Do mestre Pasolini, primeiro conheci a sua magnífica obra cinematográfica. Assisti a todos os seus filmes lançados no Brasil e alguns inéditos que encontrei na internet. Entre uma sessão e outra, conheci a sua literatura e, a partir de Teorema, li A Hora Depois do Sonho, Amado Meu, Meninos da Vida, O Pai Selvagem, Caos Crônicas Políticas, Escritos Corsários, Poemas...
Foto de Pasolini com a mão no queixo: Dino Pedriali. Fotos sem crédito: web. |
Em homenagem ao grande autor, publico três poemas de sua autoria (em italiano e português). Dois que falam da sua passagem pelo Brasil, em março de 1970: Comunicato all’Ansa (Recife) / Comunicado à Ansa (Recife) e Gerarchia / Hierarquia, e um íntimo: Diarii [1943-53] / Diários [1943-53]. Os três estão na antologia Pasolini Poemas (Cosac Naify, 2015), organizada por Alfonso Berardinelli e Maurício Santana Dias (tradução e notas), com introdução de Berardinelli e posfácio de Maria Betânia Amoroso. Ilustrações: Joba Tridente (2022). Fotos de Pasolini: internet.
COMUNICATO ALL’ANSA (RECIFE)
Pier Paolo Pasolini
Poiché è un fatto di
cronaca comincia
con un atterraggio
di fortuna a Recife.
Qui piove;
nell’aeroporto in costruzione, passando
davanti a un gruppo
di operai che lavorano, degli occhi
si alzano sul
passeggeri
È così che il
Brasile mi saluta
E io ricambio il
saluto col mio cuore borghese
che sa già cosa
riceve da un suo dono.
Su queste panche
desolate è l’attesa di un nuovo aereo, di fortuna,
Non c’è nulla di
nuovo: io so di che novelle
Il corpo non lavato
e la malinconia
La mia compagna con
la sua ansia, nell’aria tiepida della pioggia,
e la sua sete di
grazia: acciecata per sempre –
questo peso che noi
borghesi abbiamo nel cuore
di tutte le cose che
non sappiamo e il bisogno di lodi,
onde la vita ci
copre come un vestito umido e sporco,
e i pochi momenti di
felicità divengono subito ricordi,
e ce ne gloriamo; e
il peso aumenta
le piaghe di un
insuccesso ci obbligano a calme
a comiche alzate di
spalle consolatrici,
a superiori ilarità,
là seduti su quelle
parche desolate di Recife
COMUNICADO À ANSA (Recife)
Pier Paolo Pasolini
tradução: Maurício Santana Dias
Como é notícia de
jornal, começa
com um pouso de
emergência no Recife.
Aqui chove; no
aeroporto em construção, passando
em frente a um grupo
de operários que trabalham, olhos
se erguem para os
passageiros
É assim que o Brasil
me saúda
E retribuo a
saudação com meu coração burguês
que já sabe o que
vai receber por aquilo que dá.
Nestes bancos
desolados se espera um novo voo, de emergência,
Não há nada de novo:
eu sei de que fala
O corpo não lavado e
a melancolia
Minha companheira1
com sua ansiedade, no ar tépido da chuva,
e sua sede de graça:
cegada para sempre –
este peso que nós
burgueses trazemos no peito
por tudo o que não
sabemos e a necessidade de elogios,
de modo que a vida
nos cobre como uma veste úmida e suja,
e os raros momentos
de felicidade logo se tornam lembranças
de que nos
vangloriamos; e o peso aumenta
as feridas de um
insucesso nos obrigam a calmas consoladoras,
a cômicos dar de
ombros
a hilaridades
esnobes,
ali sentados
naqueles bancos desolados do Recife
¹ A “companheira” a que o poema se refere é Maria Callas (1923-77), que passara pelo Brasil (Rio de Janeiro e Salvador) acompanhada de Pasolini, em março de 1970, após lançar o filme Medeia (1969), no festival de cinema Mar Del Plata (Argentina), do qual é a protagonista. Nota: COMUNICADO À ANSA (RECIFE): Publicado originalmente em Nuovi Argomenti (abril-junho de 1970) e depois em Trasumanar, op. cit.
G E R A R C H I A
Pier Paolo Pasolini
Se arrivo in una
città
oltre l’oceano
Molto spesso arrivo
in una nuova città, portato dal dubbio.
Divenuto da un
giorno all’altro pellegrino
di una fede in cui
non credo;
rappresentante di
una merce da tempo svalutata,
ma è grande, sempre,
una strana speranza –
Scendo
dall’aeroplano col passo del colpevole,
la coda tra le
gambe, e un eterno bisogno di pisciare,
che mi fa camminare
un po’ ripiegato con un sorriso incerto –
C’è da sbrigare la
dogana, e, molto spesso, i fotografi:
comune
amministrazione che ognuno cura come un’eccezione.
Poi l’ignoto.
Chi passeggia alle
quattro del pomeriggio
sulle aiuole piene
di alberi
e i boulevards d’una
disperata città dove europei poveri
sono venuti a
ricreare un mondo a immagine e somiglianza del loro,
spinti dalla povertà
a fare di un esilio la vita?
Con un occhio alle
mie faccende, ai miei obblighi –
Poi, nelle ore
libere,
comincia la mia
ricerca, come se anch’essa fosse una colpa –
La gerarchia però è
ben chiara nella mia testa.
Non c’è Oceano che
tenga.
Di questa gerarchia
gli ultimi sono i vecchi.
Sì, i vecchi, alla
cui categoria comincio ad appartenere
(non parlo dei
fotografo Saderman che con la moglie
già amica della
morte mi accoglie sorridendo
nello studiolo di
tutta la loro vita)
Sì, c’è qualche
vecchio intellettuale
che nella Gerarchia
si pone all’altezza
del più bei marchettari
i primi che si
trovano nei punti subito indovinati
e che come Virgili
conducono con popolare delicatezza
qualche vecchio è
degno dell’Empireo,
è degno di star
accanto al primo ragazzo del popolo
che si dà per mille
cruzeiros a Copacabana
ambedue son lo mio
duca
che tenendomi per
mano con delicatezza,
la delicatezza
dell’intellettuale e quella dell’operaio
(per lo più
disoccupato)
la scoperta
dell’invariabilità della vita
ha bisogno di intelligenza
e di amore
Vista dall’hotel di
Rua Resende Rio –
l’ascesi ha bisogno
del sesso, del cazzo –
quella finestrella
dell’hotel dove si paga la stanzetta –
si guarda dentro
Rio, in un aspetto dell’eternità,
la notte di pioggia
che non porta il fresco,
e bagna le strade
miserabili e le macerie,
e gli ultimi
cornicioni del liberty dei portoghesi poveri
sublime miracolo!
E dunque Josvé
Carrea è il Primo nella Gerarchia,
e con lui Harudo,
sceso bambino da Bahia, e Joaquim.
La Favela era come
Cafarnao sotto il sole –
Percorsa dai
rigagnoli delle fogne
le baracche una
sull’altra
ventimila famiglie
(egli sulla spiaggia
chiedendomi la sigaretta come un prostituto)
Non sapevamo che a
poco a poco ci saremmo rivelati,
prudentemente, una
parola dopo l’altra
detta quasi
distrattamente:
io sono comunista,
e: io sono sovversivo;
faccio il soldato in
un reparto appositamente addestrato
per lottare contro i
sovversivi e torturarli;
ma loro non lo
sanno;
la gente non si
rende conto di nulla;
essi pensano a
vivere
(mi parla del
sottoproletariato)
La Favela,
fatalmente, ci attendeva
io gran conoscitor,
egli duca –
i suoi genitori ci
accolsero, e il fratellino nudo
appena uscito di
dietro la tela cerata –
eh sì, invariabilità
della vita, la madre
mi parlò come
Lìmardi Maria, preparandomi la limonata
sacra all’ospite; la
madre bianca ma ancor giovane di carne;
invecchiata come
invecchiano le povere, eppur ragazza;
la sua gentilezza
con quella del suo compagno,
fraterno al figlio
che solo per sua volontà
era ora come un
messo della Città –
Ah, sovversivi,
ricerco l’amore e trovo voi.
Ricerco la
perdizione e trovo la sete di giustizia.
Brasile, mia terra,
terra dei miei veri
amici,
che non si occupano
di nulla
oppure diventano
sovversivi e come santi vengono accecati.
Nel cerchio più
basso della Gerarchia di una città
immagine del mondo
che da vecchio si fa nuovo,
colloco i vecchi, i
vecchi borghesi
ché un vecchio
popolano di città resta ragazzo
non ha da difendere
niente –
va vestito in
canottiera e calzonacci come Joaquim il figlio.
I vecchi, la mia
categoria,
che vogliano o non
vogliano –
Non si può sfuggire
al destino di possedere il Potere,
esso si mette da
solo
lentamente e
fatalmente in mano ai vecchi,
anche se essi hanno
le mani bucate
e sorridono
umilmente come martiri satiri –
Accuso i vecchi di
avere comunque vissuto,
accuso i vecchi di
avere accettato la vita
(e non potevano non
accettarla, ma non ci sono
vittime innocenti)
la vita
accumulandosi ha dato ciò che essa voleva –
accuso i vecchi di
avere fatto la volontà della vita.
Torniamo alla Favela
dove o non si pensa
nulla
o si vuole diventare
messi della Città
là dove i vecchi
sono filo-americani –
Tra i giovani che
giocano biechi al pallone
di fronte a
cucuzzoli fatati sul freddo Oceano,
chi vuole qualcosa e
lo sa, è stato scelto a sorte –
inesperti di
imperialismo classico
di ogni delicatezza
verso il vecchio Impero da sfruttare
gli Americani
dividono tra loro i fratelli superstiziosi
sempre scaldati dal
loro sesso come banditi da un fuoco di sterpi –
È cosi per puro caso
che un brasiliano è fascista e un altro sovversivo,
colui che cava gli
occhi
può essere scambiato
con colui a cui gli occhi sono cavati.
Joaquim non avrebbe
potuto mal essere distinto da un sicario.
Perché dunque non
amarlo se lo fosse stato?
Anche il sicario è
al vertice della Gerarchia,
coi suoi semplici
lineamenti appena sbozzati
col suo semplice
occhio
senz’altra luce che
quella della carne
Così in cima alla
Gerarchia,
trovo l’ambiguità,
il nodo inestricabile.
O Brasile, mia
disgraziata patria,
votata senza scelta
alla felicità,
(di tutto son
padroni il denaro e la carne,
mentre tu sei così
poetico)
dentro ogni tuo
abitante mio concittadino,
c’è un angelo che
non sa nulla,
sempre chino sul suo
sesso,
e si muove, vecchio
o giovane,
a prendere le armi e
lottare,
indifferentemente,
per il fascismo o la libertà –
Oh, Brasile, mia
terra natale, dove
le vecchie lotte –
bene o male già vinte –
per noi vecchi
riacquistano significato –
rispondendo alla
grazia di delinquenti o soldati
alla grazia brutale.
H I E R A R Q U I A
Pier Paolo Pasolini
tradução: Maurício Santana Dias
Se chego a uma
cidade
de além-mar
Muitas vezes chego a
uma cidade nova, levado pela dúvida.
Transformado da
noite para o dia em peregrino
de uma fé em que não
creio;
representante de uma
mercadoria depreciada há tempos,
mas é grande,
sempre, uma estranha esperança –
Desço do avião com o
passo do culpado,
o rabo entre as
pernas, e uma eterna vontade de mijar,
que me faz andar
meio dobrado com um sorriso incerto –
É preciso livrar-se
da alfândega e, muitas vezes, dos fotógrafos:
prática ordinária
que cada qual cuida como uma exceção.
Depois o
desconhecido.
Quem passeia às
quatro da tarde
por canteiros cheios
de árvores
e alamedas de uma
desesperada cidade aonde europeus pobres
vieram para recriar
um mundo à imagem e semelhança do seu,
impelidos pela
pobreza a fazer do exílio uma vida?
Com um olho em
minhas coisas, em minhas obrigações –
Depois, nas horas
vagas,
começa minha busca,
como se também ela fosse uma culpa –
Mas a hierarquia
está bem clara em minha cabeça.
Não há Oceano que
resista.
Nessa hierarquia os
últimos são os velhos.
Sim, os velhos, a
cuja categoria começo a pertencer
(não falo do
fotógrafo Sardeman que com a mulher
já íntima da morte
me acolhe sorrindo
no estudiozinho de
sua vida inteira)
Sim, há uns velhos
intelectuais
que na Hierarquia
se põem à altura dos
mais belos michês
os primeiros a
ocupar os pontos mais cobiçados
e que como Virgílios
conduzem com popular delicadeza
alguns velhos são
dignos do Empíreo,
dignos de estar ao
lado do primeiro garoto do povo
que se dá por mil
cruzeiros em Copacabana
ambos são o meu guia
que me levando pela
mão com delicadeza,
a delicadeza do
intelectual e a do operário
(quase sempre
desempregado)
a descoberta da
invariabilidade da vida
necessita de
inteligência e de amor
Vista do hotel da
Rua do Rezende Rio –
a ascese precisa do
sexo, do pau –
aquela estreita
janela do hotel em que se paga o quartinho –
se olha por dentro o
Rio, num aspecto de eternidade,
a noite de chuva que
não traz frescor,
e molha as ruas
miseráveis e os destroços,
e as últimas
cornijas art nouveau dos portugueses pobres
milagre sublime!
E assim Josvé Carrea
é o Primeiro na Hierarquia,
e com ele Harudo,¹
vindo menino da Bahia, e Joaquim.
A Favela era como
Cafarnaum sob o sol –
Percorrida por
córregos de esgoto
os barracos
amontoados
vinte mil famílias
(ele na praia me
pedindo cigarro como um prostituto)
Não sabíamos que aos
poucos revelaríamos uns aos outros,
prudentemente, uma
palavra após a outra
dita quase
distraidamente:
eu sou comunista, e:
eu sou subversivo;
sou soldado num
destacamento especialmente treinado
para combater
subversivos e torturá-los;
mas eles não sabem;
as pessoas não se
dão conta de nada;
só pensam em viver
(me fala do
subproletariado)
A Favela fatalmente
nos esperava,
eu grande
conhecedor, ele guia –
seus pais nos
acolheram, e o irmãozinho pelado
recém-saído de trás
do oleado –
ah, sim,
invariabilidade da vida, a mãe
me falou como Maria
Lìmardi,² preparando a sagrada
limonada para o
hóspede; a mãe branca mas ainda de carnes jovens;
envelhecida como
envelhecem as pobres, e no entanto menina;
sua gentileza, e a
de seu companheiro,
fraternal com o
filho que só por sua vontade
era agora uma
espécie de mensageiro da Cidade –
Ah, subversivos,
procuro o amor e encontro vocês.
Procuro a perdição e
encontro a sede de justiça.
Brasil, minha terra,
terra de meus
verdadeiros amigos,
que não se ocupam de
nada
ou se tornam
subversivos e como santos são cegados.
No círculo mais
baixo da Hierarquia de uma cidade
imagem do mundo que
de velho se faz jovem,
ponho os velhos, os
velhos burgueses
pois um velho
popular da cidade permanece jovem
não tem nada a
defender –
anda vestido de
regata e calças aos trapos como Joaquim, o filho.
Os velhos, minha
categoria,
quer queiram ou não
–
Não se pode escapar
ao destino de possuir o Poder,
ele se põe por si
lenta e fatalmente
na mão dos velhos,
ainda que tenham as
mãos furadas
e sorriam
humildemente como mártires sátiros –
Acuso os velhos de
terem de todo modo vivido,
acuso os velhos de terem
aceitado a vida
(e não podiam não
aceitá-la, mas não há
vítimas inocentes)³
a vida,
acumulando-se, produziu o que ela queria –
acuso os velhos de
terem feito a vontade da vida.
Voltemos à Favela
onde ou não se pensa
em nada
ou se quer ser
mensageiro da Cidade
lá onde os velhos
são pró-americanos –
Entre os jovens que
jogam bola mal
diante de elevações
encantadas sobre o frio Oceano,
quem quer alguma
coisa e o sabe foi escolhido ao acaso –
ignorantes de
imperialismo clássico
de qualquer
delicadeza quanto ao velho Império a explorar
os Americanos
dividem entre si os irmãos supersticiosos
sempre acesos por
seu sexo como bandidos por uma fogueira de gravetos –
É assim por puro
acaso que um brasileiro é fascista e outro subversivo;
aquele que arranca
os olhos
pode ser confundido
com aquele cujos olhos são arrancados.
Joaquim nunca
poderia ser diferente de um sicário.
Por que então não
amá-lo se o tivesse sido?
Também o sicário
está no vértice da Hierarquia,
com seus traços
simples apenas esboçados
com seu simples olho
sem outra luz que
aquela da carne
Assim no topo da
Hierarquia
encontro a
ambiguidade, o nó inextricável.
Ó Brasil, minha
pátria desgraçada,
destinada sem
escolha à felicidade
(de tudo são donos o
dinheiro e a carne,
ao passo que você é
tão poético)
dentro de cada
habitante seu, meu concidadão,
há um anjo que não
sabe nada,
sempre dobrado sobre
seu sexo,
que se move, velho
ou jovem,
para pegar em armas
e lutar
indiferentemente
pelo fascismo ou pela liberdade –
Oh, Brasil, minha
terra natal, onde
as velhas lutas –
bem ou mal já vencidas –
para nós, velhos,
readquirem sentido –
respondendo à graça
de delinquentes ou de soldados
à graça brutal.
¹Provavelmente Josué Correa e Haroldo, grafados a seu modo por Pasolini. ² Mãe de Ninetto Davoli, companheiro e colaborador de Pasolini, tendo atuado em vários de seus filmes. ³ Sartre. [N. A.]. Notas: HIERARQUIA: Publicado originalmente em Nuovi Argomenti (outubro dezembro de 1970) e depois em Trasumanar, op. cit.
DIARII [1943-53]
Pier Paolo Pasolini
Vicina agli occhi e
ai capelli sciolti
sopra la fronte, tu
piccola luce,
distratta arrossi le
mie carte.
Adolescente ardevo
fino a notte
col tuo smunto
chiarore, ed era strano
udire il vento e
gl’isolati grilli.
Allora, nelle
stanze, smemorati
dormivano i parenti,
e mio fratello
oltre un sottile
muro era disteso.
Ora dove egli sia
tu, rossa luce,
non dici, eppure
illumini; e sospira
per le campagne
inanimate il grillo;
e mia madre si
pettina allo specchio,
usanza antica come
la tua luce,
pensando a quel suo
figlio senza vita.
DIÁRIOS [1943-53]
Pier Paolo Pasolini
tradução: Maurício Santana Dias
Perto dos olhos e
dos cabelos soltos
sobre a testa, tu,
pequena luz,
distraída tinges
meus papéis.
Adolescente, eu
ardia até noite alta
com tua baça
claridade, e era estranho
ouvir o vento e os
grilos isolados.
Então, nos cômodos,
esquecidos
dormiam os
parentes, e meu irmão¹
além de um fino
muro se estendia.
Onde está ele agora
não me dizes,
luz vermelha, que
brilha; e suspira
o grilo pelos
campos desolados;
e minha mãe se
penteia ao espelho,
costume tão velho
quanto tua luz,
pensando nesse
filho já sem vida.
¹ Referência ao irmão mais novo Guido Pasolini, que combateu durante a Resistência (1944-45) e foi assassinado em 12 de fevereiro de 1945 não por nazifascistas, mas por companheiros partigiani.
Pier Paolo Pasolini (Bolonha, 05.03.1922 - Óstia, 02.11.1975):
jornalista, ensaísta político, escritor (de verso e prosa), dramaturgo, cineasta
italiano. Artista versátil, culto, polêmico. Intelectual controverso e sem
papas na língua e na caneta. Crítico ferino da burguesia e da igreja. Graduado
em literatura, pela Universidade de Bolonha, Pasolini, que começou a escrever
poesia aos sete anos, é autor, entre outros de Meninos da Vida, Uma Vida
Violenta, Teorema, Petróleo. Para conhecer as obras literárias e
cinematográficas de Pasolini, clique aqui.
Saiba mais: Wikipédia: Pier Paolo Pasolini; Marlos Guerra Brayner: Pier Paolo Pasolini: Uma Poética da Realidade; Eduardo Sterzi: Pasolini e a Língua da Poesia; Roam Costa Cordeiro: Pier Paolo Pasolini e as linguagens do real - crítica pictórica n'Os afrescos de Piero em Arezzo; Remate de Males: Pasolini e a crítica; Ulysses Maciel de Oliveira Neto: O cinema trágico-poético de Pier Paolo Pasolini: Appunti per un Orestiade africana, Édipo Rei, Medeia; Adão Fernandes da Silva: Pier Paolo Pasolini: O cinema como língua escrita da ação; Bruno Lima Xavier: A imagem como experiência mística em Glauber Rocha e Pier Paolo Pasolini; Vinícius Nicastro Honesko: Murilo Mendes, Pier Paolo Pasolini e as religiões de seus tempos; Analecta - Ana Paula Schlesener: Pier Paolo Pasolini e o Cinema Como Poesia; Revista UFPR -Carolina Massi Albanese: Uma apresentação da Obra de Pier Paolo Pasolini; Blog da Boitempo: Pier Paolo Pasolini; Revista Cult: Pier Paolo Pasolini; Jacobin - Luca Peretti: Relembrando Pier Paolo Pasolini; Revista IHU: Pier Paolo Pasolini - Um trágico moderno e sua nostalgia do sagrado; Arlindo Rebechi Junior: Pier Paolo Pasolini, poeta; Film Comment - James Blue: Interview: Pier Paolo Pasolini; SP Escola de Teatro: Pier Paolo Pasolini: Em qual revolução estamos agora?; Sibila: Pier Paolo Pasolini; Comunidade Cultura e Arte – Lucas Brandão: As sete vidas e o mito que perdura: o retrato de Pier Paolo Pasolini; Youtube - Matheus Benites: Pier Paolo Pasolini: O Cinema de Poesia.
Maurício Santana Dias: Graduado em Português-Italiano pela
Universidade Federal do Rio de Janeiro (1991), mestrado em Letras (Ciência da
Literatura) pela Universidade Federal do Rio de Janeiro (1996) e doutorado em
Letras (Teoria Literária e Literatura Comparada) pela Universidade de São Paulo
(2002). Atualmente é professor doutor da Universidade de São Paulo. Tem
experiência na área de Letras, com ênfase em Literatura Comparada e Tradução
Literária.
Saiba Mais: Literatura Italiana: Entrevista com Maurício Santana Dias, por Helena Bressan Carminati; Belas Infiéis: Entrevista com Maurício Santana Dias; Revista Diálogos Mediterrânicos: Primo Levi e as Chaves da Ciência; TV. Cultura: Literatura Fundamental 37 - Seis Personagens à Procura de um Autor - Maurício Santana Dias;
Nenhum comentário:
Postar um comentário